Gusto by Rosalia Cavalieri;

Gusto by Rosalia Cavalieri;

autore:Rosalia Cavalieri; [Cavalieri, R.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Universale Laterza
ISBN: 9788858115183
editore: edigita
pubblicato: 2011-11-14T23:00:00+00:00


3.3. «Homo convivialis»

L’attitudine conviviale è un altro tratto tipicamente umano, carico di attributi simbolici e culturali. Solo nella nostra specie gli individui mangiano e bevono insieme, suggellando a tavola rapporti d’affari, d’amore e d’amicizia: «la tavola – scrive R. Barthes (1975: xxxv) – è in un certo senso il luogo geometrico di tutti gli argomenti di conversazione; è come se il piacere alimentare li vivificasse e li facesse rinascere». Tutt’altro che solitario, il piacere della tavola richiede buona compagnia e conversazioni che hanno l’effetto di rinsaldare i rapporti sociali e la coesione del gruppo. Nel contesto della convivialità, dove il gusto degli animali umani assume la sua forma più specifica, trovano espressione la dimensione sociale e relazionale, insieme a quella identitaria. Basti pensare che eventi importanti della vita individuale e di quella collettiva vengono celebrati attraverso cibi e bevande consumati per l’occasione: cerimonie religiose, festività, fidanzamenti, matrimoni, compleanni, promozioni, lauree, cene commemorative tra amici e persino funerali.

Evento rituale in cui il vivere insieme coincide con il piacere di mangiare e di bere in compagnia, il con-vito o con-vivio, da cum-vivere, corrisponde al simposio greco celebrato da Platone e da Senofonte, e ancora prima ai banchetti descritti da Omero nell’Iliade e specialmente nell’Odissea, grande poema conviviale le cui avventure sono narrate e prendono forma proprio a tavola. Eletto a luogo della conversazione, della parola e del canto, il simposio (letteralmente ‘bevuta in comune’, da syn ‘insieme’ e posis ‘bevuta’) culmina nella gioia (euphrosyne) e nel piacere (hedoné), risultato e prima ancora obiettivo della pratica conviviale. Nelle diverse forme assunte dal convito greco nel corso della storia, al mangiare e al bere comune (pratica sociale) si coniugano la pratica intellettuale e filosofica delle conversazioni dotte, la danza, la poesia, la musica, i giochi, l’eros (prevalentemente nella forma omosessuale, visto che le donne, fatta eccezione per danzatrici e flautiste, non avevano accesso ai simposi). Il tutto in un clima di godimento in cui ogni senso è coinvolto in una grande festa, dove il pasto assume la dimensione di uno spettacolo che ha per protagonisti odori, sapori, profumi, suoni, visioni, con l’immancabile accompagnamento della parola (sulle diverse fasi del simposio cfr. Musti: 2001). Momento centrale e vero motore della pratica conviviale è la bevuta collettiva del vino. Essa genera quello stato emotivo di gaiezza che stimola la conversazione tra i commensali e li predispone all’ascolto.

Da questo teatro del gusto, da questa palestra di sapienza, da questa atmosfera sinestetica in cui tutti i sensi vengono messi in scena (il gusto con i sapori delle pietanze e del vino; l’olfatto con gli odori e gli aromi dei cibi ma altresì con i profumi degli addobbi floreali e degli incensi che inondavano l’ambiente simposiaco; l’udito con la musica e la conversazione; la vista con la presentazione dell’intero scenario edonistico), nasce quella letteratura conviviale che annovera tra i suoi primi cultori Platone e Senofonte, entrambi autori di un Sympósion (senza dimenticare poi le Quaestiones conviviales di Plutarco, i Saturnalia di Macrobio o il Convivio di Dante). Ma al



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